Nella lingua italiana esistono accenti grafici e fonici. L’accento fonico lo mettiamo durante la pronuncia delle parole e il grafico durante la scrittura. Di solito nella lingua scritta l’accento viene quasi sempre omesso tranne alcuni casi che vediamo ora.
L’accento deve essere presente nei seguenti casi:
- Quando l’accento cade sull’ultima sillaba: perché, chissà, giovedì, laggiù, università, caffè, più, ciò, può ecc.
- Nelle parole monosillabe quando il significato di queste parole cambia a seconda della presenza dell’accento:
- ché, nel senso causale o finale, ovvero quando sostituisce la parola “perché”. Per esempio: Non chiamarla ché è ancora arrabbiata con te.;
- dà – la terza persona dell’indicativo del verbo “dare”. (da (senza l’accento) – preposizione);
- dì – nel senso di “giorno”: due volte al dì – due volte al giorno. (di – preposizione);
- là, lì – avverbi di luogo. Es. Vado là. Fermati lì. (la, li – articoli dei generi maschile e femminile);
- né – congiunzione: non ho né fame né sete; né carne né pesce. (ne – pronome/avverbio.);
- Sì – affermazione. (si – pronome);
- Le parole “blu”, “re” e “tre”, quando entrano a fare la parte delle parole composte: gialloblù, viceré, ventitré ecc.;
- Sé – pronome. Per esempio: È troppo pieno di sé. Quando è unito a “stesso”, il pronome “se” non vuole l’accento. Lo recupera però nel plurale, quindi: L’autore parla di se stesso. > Gli autori parlano di sé stessi. Questo perché potrebbe generare ambiguità con “se stessi” congiuntivo del verbo “stare”.
- Nelle parole polisillabe quando l’accento può aiutare ad evitare ambiguità di significato. Questo uso dell’accento comunque e molto raro. Per esempio:
- Loro càpitano > il capitàno
- Tu desìderi > i desidèri
- I principi > i princìpi
- Sùbito > subìto.
Come avete notato l’accento grafico ha due forme: «´» accento acuto e «`» accento grave che indicano i suoni chiusi e aperti. Trascuriamo la fonetica poiché nella lingua italiana la differenza di suono degli accenti non è così importante. Ma diversamente nella lingua scritta questi due accenti hanno un loro valore.
Cominciamo con la regola più semplice: à, ò, ù, ì – si scrivono sempre con l’accento grave alla fine di una parola nel caso che l’accento cada sull’ultima sillaba (università, virtù, buondì, però).
E adesso una regola un po’ più complicata: la lettera е si può scrivere sia con l’accento acuto é che con l’accento grave è.
grave viene È con l’accento scritto nei seguenti casi:
- verbo “essere” nella terza persona singolare: è;
- nelle parole straniere: caffè, narghilè, tè;
- nei nomi: Noè, Giosuè;
- nelle parole: cioè, ahimè, ohimè, piè.
É con l’accento acuto viene scritto nei seguenti casi:
- nel passato remoto: poté, ripeté ecc.;
- nelle parole composte da “ché”: perché, affinché, benché ecc.;
- nelle parole composte da “tre”: ventitré, sessantatré, trentatré ecc.;
- nelle parole composte da “re”: viceré ecc.;
- in alcune parole monosillabe: sé, né, ché ecc. (delle quali ho già scritto sopra);
- nella parola mercé (lett. Aiuto, pietà, grazia. Es.: сhiedere mercé – chiedere
aiuto, pietà, grazia).