Mettiamo gli accenti

Nella lingua italiana esistono accenti grafici e fonici. L’accento fonico lo mettiamo durante la pronuncia delle parole e il grafico durante la scrittura. Di solito nella lingua scritta l’accento viene quasi sempre omesso tranne alcuni casi che vediamo ora. 

L’accento deve essere presente nei seguenti casi:

  1. Quando l’accento cade sull’ultima sillaba: perché, chissà, giovedì, laggiù, università, caffè, più, ciò, può ecc.
  2. Nelle parole monosillabe quando il significato di queste parole cambia a seconda della presenza dell’accento:
    • ché, nel senso causale o finale, ovvero quando sostituisce la parola “perché”. Per esempio: Non chiamarla ché è ancora arrabbiata con te.;
    • dà – la terza persona dell’indicativo del verbo “dare”. (da (senza l’accento) – preposizione);
    • – nel senso di “giorno”: due volte al dì – due volte al giorno. (di – preposizione);
    • là, lì – avverbi di luogo. Es. Vado là. Fermati lì. (la, li – articoli dei generi maschile e femminile);
    • né – congiunzione: non ho né fame né sete; né carne né pesce. (ne – pronome/avverbio.);
    • Sì – affermazione. (si – pronome);
    • Le parole “blu”, “re” e “tre”, quando entrano a fare la parte delle parole composte: gialloblù, viceré, ventitré ecc.;
    • Sé – pronome. Per esempio: È troppo pieno di sé. Quando è unito a “stesso”, il pronome “se” non vuole l’accento. Lo recupera però nel plurale, quindi: L’autore parla di se stesso. > Gli autori parlano di sé stessi. Questo perché potrebbe generare ambiguità con “se stessi” congiuntivo del verbo “stare”.
  3. Nelle parole polisillabe quando l’accento può aiutare ad evitare ambiguità di significato. Questo uso dell’accento comunque e molto raro. Per esempio:
  • Loro càpitano > il capitàno
  • Tu desìderi > i desidèri
  • I principi > i princìpi
  • Sùbito > subìto.

Come avete notato l’accento grafico ha due forme: «´» accento acuto e «`» accento grave che indicano i suoni chiusi e aperti. Trascuriamo la fonetica poiché nella lingua italiana la differenza di suono degli accenti non è così importante. Ma diversamente nella lingua scritta questi due accenti hanno un loro valore.

Cominciamo con la regola più semplice: à, ò, ù, ì – si scrivono sempre con l’accento grave alla fine di una parola nel caso che l’accento cada sull’ultima sillaba (università, virtù, buondì, però).

E adesso una regola un po’ più complicata: la lettera е si può scrivere sia con l’accento acuto é che con l’accento grave è.

grave viene È con l’accento scritto nei seguenti casi:

  • verbo “essere” nella terza persona singolare: è;
  • nelle parole straniere: caffè, narghilè, tè;
  • nei nomi: Noè, Giosuè;
  • nelle parole: cioè, ahimè, ohimè, piè.

É con l’accento acuto viene scritto nei seguenti casi:

  • nel passato remoto: poté, ripeté ecc.;
  • nelle parole composte da “ché”: perché, affinché, benché ecc.;
  • nelle parole composte da “tre”: ventitré, sessantatré, trentatré ecc.;
  • nelle parole composte da “re”: viceré ecc.;
  • in alcune parole monosillabe: sé, né, ché ecc. (delle quali ho già scritto sopra);
  • nella parola mercé (lett. Aiuto, pietà, grazia. Es.: сhiedere mercé – chiedere
    aiuto, pietà, grazia).