San Petronio, l’ottavo vescovo di Bologna, e poi anche il patrono della città nacque nell’anno 370 d.c.
Secondo una leggenda, era discendente di una nobile famiglia romana, invece un’altra leggenda racconta che era di origini greche e parente dell’imperatore Teodosio II.

Nonostante avesse la possibilità di fare una brillante carriera politica, per la sua appartenenza sociale, preferì intraprendere la via del sacerdozio che lo condusse alla dignità episcopale.
Non ci sono più menzioni di Petronio fino al 4 ottobre 1141, quando i monaci benedettini rinvennero la sua tomba durante una ricognizione nella Chiesa di Santo Stefano.
Nel 1180 circa, fu scritta dai monaci una “Vita” in latino che raccontava la vita del santo basandosi sulle leggende e sulle storie che a quel tempo circolavano.
Secondo il libro, nell’anno 432, morì a Bologna il vescovo Felice e un gruppo di nobili bolognesi chiese a Papa Celestino I un degno successore. Si dice che il Pontefice ebbe in sogno l’ordine da San Pietro di nominare Petronio vescovo di Bologna. E così fece.
Il libro prosegue con il racconto delle grandi feste, indette dai bolognesi, per accogliere Petronio. Lui, nel vedere la città semidistrutta dai Barbari, si mise all’opera per riedificarla. Fece costruire numerose chiese (tra le quali anche il complesso di Santo Stefano), nuove case, scuole, ospedali. Ai confini della sua piccola Bologna, lui pose quattro Croci, invocando sulla città ricostruita la protezione del Signore.

Nella “Vita” scritta in volgare alla fine del XIII secolo si aggiungono altri elementi narrativi fondamentali, strettamente legati alle vicende politiche bolognesi del tempo: Petronio, quando era già vescovo di Bologna, avrebbe compiuto un viaggio a Gerusalemme dove avrebbe recuperato molte reliquie; nel viaggio di ritorno, passando da Costantinopoli, avrebbe ottenuto da Teodosio II numerosi benefici per la sua città: l’ampliamento del circuito murario, la garanzia della perpetua autonomia civica, la protezione imperiale contro ogni forma di tirannia straniera, la concessione dello Studium, ovvero dell’Università. In questa seconda “Vita” è evidente la progressiva politicizzazione del Santo, che è ormai assunto al ruolo di ricostruttore della città, garante della libertà e di promotore dello Studium, la più importante istituzione culturale della Bologna medievale.
Il libro contiene anche i racconti sui miracoli fatti da Petronio. Per esempio, un giorno, mentre i muratori svolgevano alcuni lavori nella Chiesa di Santo Stefano, uno di loro precipitò dall’alto, insieme ad una colonna di pietra. Il Vescovo Petronio, che assisteva ai lavori, fu pronto a fare il segno della croce verso l’infelice. E qui avvenne il miracolo: la colonna rimbalzò al suolo senza spezzarsi e il muratore, che tutti credevano già morto, si rialzà da terra incolume. Alla folla accorsa l’operaio raccontò che era stata la mano stessa di Petronio a sostenere il peso della colonna ed a salvarlo.

Dopo quasi vent’anni di opere sante, il Vescovo Petronio morì nell’anno 450 (secondo altre fonti nel 451). Fu sepolto nella chiesa di Santo Sepolcro, che oltre a far parte del complesso di Santo Stefano è anche la copia della chiesa omonima a Gerusalemme.

A metà del XIII secolo il libero Comune di Bologna decise di elevare Petronio alla dignità di principale patrono della città, in sostituzione di San Pietro, che incarnava il potere dei papi.
Nel 1390 in Piazza Maggiore iniziò la costruzione della grande basilica a lui intitolata che, come tanti altri edifici medioevali di dimensioni imponenti, non è stata mai finita.

Nel 2000, i resti del santo furono spostati nella Basilica di San Petronio. Nel muro esterno della chiesa, in via dell’Archiginnasio, è murata una lapide ad indicare dov’è custodita la sacra reliquia. Essa reca i segni distintivi del Vescovo (una mitra, un crocefisso e un pastorale), con la scritta in latino: “Dietro questa pietra, c’è il tesoro della Felsina”.

Ed è proprio oggi 4 ottobre che il Comune di Bologna festeggia il suo santo per rendere omaggio a un personaggio fondamentale della sua storia.
La statua benedicente non è San Petronio, ma papa Gregorio XIII. La targa indicante il Divo Petronio fu collocata all’arrivo delle truppe di Napoleone, onde impedire che detta statua fosse abbattuta.
Che dire… Grazie mille, Francesco, per l’informazione! Ma non diciamolo ai francesi!